True Blue
Il libro (testo e disegni) che il bresciano Fausto Gilberti ha dedicato a Yves Klein è delizioso. Dalle pagine minimaliste del libro, illustrate con un segno pulito ed elegante, emerge la figura magnetica di Yves Klein, artista sensibile e provocatore che, tra judo e monocromi, scarafaggi e viaggi, ha sondato gli spazi inesplorati dell’impossibile.
Con le sue figurine stilizzate dai grandi occhi circolari simil-Minion, Gilberti ci restituisce i tratti salienti della vita e dell’arte di Klein, nonché le innovazioni da lui introdotte nel panorama culturale del Novecento. Non è facile raccontare in poche pagine la vera essenza di un artista, ma il libro di Gilberti ha il merito di riuscirci. È impossibile non adorare la semplicità con cui lo scrittore illustra concetti densi di significato della storia dell’arte contemporanea.
Nel libro di Gilberti si narra la vita breve e ricca di avvenimenti di Yves Klein, dagli esordi nel Sud della Francia al momento in cui decide che avrebbe dipinto quadri di un solo colore, il blu. «Ma non un Blu qualsiasi, Yves voleva un Blu unico, il suo Blu. Mescolò colore in polvere, colla e altri ingredienti segreti. E dopo vari esperimenti trovò il Blu che cercava. Era un Blu luminoso, vellutato, che gli ricordava il Blu del cielo e il Blu del mare.
Lo chiamò International Klein Blue!»
Nel 1956, in una galleria parigina, Klein espone tele monocrome, dipinte nei colori primari, ma il risultato non lo convince: gli pare che i visitatori siano distratti dalla gamma cromatica troppo variegata. Pur essendo molto giovane, Klein capisce che deve concentrarsi su un unico colore, capace di condurre chi lo guarda all’astrazione, alla purezza della contemplazione. Ma quale colore scegliere? Per Klein il blu è il colore che più si avvicina all’infinito.
Tutti gli altri portano ad associazioni psicologiche che possono distrarre, dice, il blu, al limite, ricorda il mare e il cielo e tutto quello che di più astratto esiste nella natura.
Il blu che, fin dagli sfondi di lapislazzuli, preziosi come l’oro, degli affreschi medievali, rappresenta il trascendente e il mistero. Il blu, il colore dei cieli di Giotto ad Assisi, che Klein ammira tanto. Il blu definisce il vuoto, l’immateriale, la fusione tra cielo e terra, la mancanza di orizzonti.
Il monocromo è uno dei temi fondamentali della pittura del Novecento. Con il passaggio all’astrazione, gli artisti rinunciano alle immagini figurative, giungendo alla loro totale assenza. I quadri monocromatici rappresentano quindi il grado zero dell’arte, una pittura in cui il colore non è più un mezzo, ma l’espressione di uno spazio in cui convivono visibile e invisibile, dipinto e idea.
La monocromia diventa una sorta di alchimia dei giorni nostri. Klein sente che le linee, il contorno, la forma, la prospettiva, non sono altro che le sbarre della finestra di una prigione, e lui vuole solo essere libero.
Il vivido IKB, che non verrà mai prodotto industrialmente, fornisce la materia e il titolo alle sue composizioni e rappresenta, in qualche modo, la sua firma. Con il suo colore, Yves le monochrome esegue numerosissime opere, stendendolo con il rullo da imbianchino, fino a coprire anche il bordo del telaio, dando allo spettatore la sensazione di un’immersione completa nel quadro. Il blu tracima dalle tele, finisce per invadere tutto.
Klein tinge del suo blu tavole di legno, muri, statuette, oggetti di vario tipo. Ne impregna anche grandi spugne naturali, che diventano straordinarie sculture.
Nelle sue Antropometrie cosparge di blu, quasi fossero pennelli viventi, giovani donne nude, che lasciano le impronte dei loro corpi su grandi tele bianche. E perfino nella sua vita privata, nel matrimonio con la bellissima Rotraut, anche lei artista, organizzato secondo l’antico rituale dei cavalieri di Rosacroce, il blu è la tinta dominante.
Klein vive la sua vita nell’ossessione del colore che riesce a congiungere cielo e terra, materia e spirito: il blu Klein, un punto di blu che affascina ed emoziona. Ed è bello pensare che un po’ di questa passione sia nata nella sua infanzia a Nizza, nella luce calda del Mediterraneo, quando per la prima volta si è scoperto pittore, firmando con le dita, per gioco, come fanno i bambini, un pezzo azzurro e splendente di cielo.

Antropometrie illustrate da Fausto Gilberti.

Antropometrie. Yves Klein.
Salto nel vuoto.
I monocromi di Klein sono fondamentali nella sua produzione, ma sarebbe un errore concentrarsi solo sulle sue opere deep blue.
Klein crea gesti, performance; non dà vita a oggetti, ma evoca l’invisibile, il vuoto. E Il vuoto è proprio il titolo di una mostra del 1958 dove viene presentato l’interno – nudo – di una galleria, e nulla più.
Tutte le opere più importanti di Klein sono legate al senso del vuoto, in ossequio alla filosofia Zen, secondo cui il vuoto è un luogo in cui si può vedere la realtà per ciò che è, una sorta di Nirvana. L’arte è espressione di questa filosofia, a patto però di liberarla da ogni forma di rappresentazione: per questo i dipinti di Klein sono privi di immagini, e per questo la sua Sinfonia monotona consta di un’unica nota seguita da venti minuti di silenzio.
Klein vuol far capire al pubblico il senso dell’astratto: ad esempio, durante una performance a Parigi vende spazi cittadini vuoti in cambio di oro puro. Per Klein soltanto con il metallo più prezioso si può pagare l’esperienza del vuoto; infine, Klein getta nella Senna parte dell’oro ricavato e usa il metallo rimasto per realizzare il suo Ex Voto, opera donata nel 1961 al Santuario di Santa Rita da Cascia.
Klein desidera stupire l’osservatore.
Egli inventa numerose strategie per depersonalizzare e dematerializzare l’oggetto artistico: dipinge con la pioggia che cade su un cartone ricoperto di colore in polvere blu; dipinge con il vento, legando una tela tinteggiata di blu alla capote della sua auto, e percorrendo à toute vitesse la strada da Parigi a Nizza; dipinge col fuoco; dipinge utilizzando petardi.
L’instancabile Klein si occupa anche di fotografia: è molto famoso il fotomontaggio Salto nel Vuoto, immagine che riproduce l’artista mentre, a braccia tese, salta da un muro. È la raffigurazione di un tuffo nel cielo, di un volo d’angelo, ma anche un’aspra critica all’idea della Nasa di mandare l’uomo sulla Luna. L’impresa di Klein finisce sulla prima pagina di Dimanche, il giornale di un giorno solo, che a sorpresa colonizza le edicole: l’ennesimo colpo di genio di Klein, precursore delle fake news.

Illustrazione di Fausto Gilberti.

Monochrome bleu. Sans Titre.
Chi è Yves Klein?
Nato a Nizza nel 1928 in una famiglia di artisti, Klein ha attraversato, come una meteora luminosa e folgorante, il cielo delle avanguardie del Novecento. Scultore, pittore, scrittore, maestro di judo, jazzista: in appena 34 anni di vita e in soli sette diattività, Klein ha sperimentato di tutto e ci ha lasciato oltre mille opere.
Al 1947 risale la Sinfonia monotona, opera musicale formata dalla ripetizione di un’unica nota. L’anno seguente comincia il periodo dei grandi viaggi, che si protrae fino al 1952: tra i paesi visitati ci sono l’Italia, il Giappone, la Spagna e la Gran Bretagna.
Nel 1955 Yves Klein torna in Francia, stabilendosi in maniera definitiva a Parigi: qui organizza la sua prima personale, che ottiene immediatamente un grande successo, soprattutto per i suoi dipinti monocromi.
Klein è noto per usare come un pennello vivente il suo stesso corpo: questa tecnica consiste nell’immergere nella pittura il corpo e appoggiarlo sulla superficie da dipingere. Con questa tecnica Klein realizza le Antropometrie, stendendo sulla tela delle “tracce di vita”, grazie al corpo di alcune modelle nude.
Il nome di Yves Klein è tuttavia legato in particolare all’uso del blu, colore ipnotico e vellutato che incarna la contemplazione e l’infinito che tutto contiene.
La parabola di Yves Klein è intensa ma breve: l’artista muore infatti nel 1962 a Parigi, a 34 anni, per un infarto del miocardio. Pochi mesi dopo nasce il figlio, chiamato Yves in onore del padre, e futuro scultore.

Yves Klein. Fotoritratto.

Fotoritratto di Fausto Gilberti.
Chi è Fausto Gilberti.
Fausto Gilberti è nato a Brescia nel 1970.
Dipinge, scrive, disegna e fa libri per “bambini”.
Vincitore del premio ACACIA 2004 e del premio CAIRO 2007 ha all’attivo un centinaio di mostre tra personali e collettive in Italia e all’estero.
Ha pubblicato negli ultimi anni numerosi libri, quasi tutti editi da Corraini come Rockstars, L’Orco che mangiava i bambini, Bianca, Ciao come stai?.
“Piero Manzoni”, “Jackson Pollock”, “Yves Klein”,“Marcel Duchamp” e “Lucio Fontana”.
Vive e lavora Brescia ed il suo luogo ideale di lavoro è la cucina, dove passa il tempo disegnando e scrivendo giorno e notte sopra un vecchio tavolo che veniva usato per fare il salame.